Roy Lichtenstein è stato uno degli artisti più innovativi e influenti della seconda metà del XX secolo. La sua opera è strettamente associata alla Pop Art, movimento che contribuì a fondare e nel quale si distinse con opere intrise dell’immaginario fumettistico e rese in uno stile che imitava la riproduzione a stampa delle immagini sui giornali.
Nato a New York, fu subito incoraggiato da sua madre a coltivare la propria creatività e già nel corso dell’adolescenza fu avvezzo a disegnare, dipingere e scolpire, trascorrendo diverse ore all’American Museum of Natural History e al Museum of Modern Art. A partire dal 1940 iniziò la sua formazione artistica vera e propria, prima alla Art Students League di New York e poi alla Ohio State University
I suoi primi idoli artistici furono Rembrant, Daumier e Picasso. Idoli, che in qualche modo, contribuirono al suo trasferimento a Parigi nel 1945. Si trattò, tuttavia, di una permanenza breve, perché già l’anno successivo l’artista era di ritorno negli Stati Uniti a causa della malattia del padre.
Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, Lichtenstein cominciò a lavorare in serie, ricavando la sua ispirazione iconografica dalle immagini stampate. I suoi primi tentativi, piuttosto intimisti e sulla scia di Paul Klee, prendevano di mira l’immaginario medioevale, ispirandosi probabilmente all’Arazzo di Bayeux. Successivamente, si concentrò anche sull’ironizzazione dei dipinti di genere americani del XIX secolo, creando interpretazioni cubiste di indiani e cowboy.
Negli anni Sessanta si fece finalmente strada la svolta Pop. Durante questo periodo, l’arte commerciale veniva guardata con disprezzo, senza considerare che sia l’Espressionismo Astratto che la pittura di genere ottocentesca erano al punto più basso della loro reputazione tra critici e collezionisti. Ben prima di trovare la sua modalità espressiva distintiva nel 1961, Lichtenstein richiamò dunque l’attenzione sull’artificio delle convenzioni e del gusto che permeava l’arte e la società, arrivando a parafrasare le immagini disprezzate, perché considerate banali.
La sua prima mostra personale fu organizzata nel 1951 alla Carlebach Gallery di New York, salvo poi essere rappresentato dalla John Heller Gallery dal 1952-1957. Nel 1961, invece, tornò su un’idea che aveva accarezzato qualche tempo prima e che prevedeva la combinazione dei personaggi dei cartoni animati su sfondi astratti. L’artista però desiderava imitare i cartoni animati senza la trama di colore, la linea calligrafica o la modulazione. Preferiva piuttosto concentrarsi sul minuscolo motivo meccanico puntinato utilizzato nell’incisione commerciale. Da allora i puntini divennero un marchio di fabbrica, rimanendo associati non solo all’opera di Lichtenstein, ma a tutta la Pop Art americana. Tra i primi dipinti, realizzati con questa scelta tecnica si ricordano: Popeye e Look Mickey, seguiti subito dopo da The Engagement Ring, Girl with Ball e Step-on Can with Leg. Nel 1962, fu organizzata la prima personale dell’artista da Leo Castelli, la seconda nel 1963. Essere rappresentato da Castelli, rese Lichtenstein noto al livello nazionale.
Spesso associato ad artisti come Johns, Rauschenberg, Warhol, Rosenquist, Segal, Jim Dine, Claes Oldenburg, Robert Indiana e Tom Wesselmann, il lavoro Pop di Lichtenstein fu percepito come uno schiaffo in faccia all’Espressionismo Astratto, che di fatto vide molta della sua notorietà sparire dietro ai grandi nomi del Pop.
Dedicandosi sempre più in modo esclusivo alla sua produzione artistica, Lichtenstein intraprese anche la via dell’incisione e quella della scultura, impiegando una miriade di materiali industriali e tradizionalmente percepiti come non artistici.
Alla fine degli anni Sessanta, cominciarono anche le mostre museali: nel 1967, per esempio, fu la volta del Pasadena Art Museum; nel 1968, quella dello Stedelijk Museum di Amsterdam (prima retrospettiva in Europa) ed, infine, nel 1969 quella del Solomon R. Guggenheim Museum di New York.
Nel corso degli anni Settanta, le opere di Lichtenstein cominciarono a essere sempre più astratte: si concentrò sul concetto di “pennellata”, studiandolo non come veicolo d’espressione, ma come soggetto esso stesso del quadro. La serie Mirror fu incentrata sullo studio della luce e dell’ombra sul vetro, quella intitolata Entablature, invece, prendeva in considerazione elementi Beaux-Art come cornici, dentelli, capitelli e colonne.
Tra gli anni Sessanta e i Settanta, Lichtenstein portò a compimento anche quattro murali e tra il 1983 e il 1990 ne creò altri cinque. Ad oggi tra queste opere, si ricorda: Bauhaus Stairway Mural, 1989 (ubicazione sconosciuta); New York World’s Fair Mural – Girl in Window, 1963; Mural with Blue Brushstroke, 1984-86; Times Square Mural, 1990; University of Düsseldorf Brushstroke Mural, 1970; Tel Aviv Museum of Art Mural, 1989. Infine, nello stesso periodo portò a compimento anche commissioni scultoree pubbliche a Miami Beach, Columbus, Minneapolis, Parigi, Barcellona e Singapore.
Nel corso degli anni Novanta, l’artista lavorò ad ulteriori tre grandi serie. Gli Interiors, tele di formato murale ispirate a una minuscola pubblicità di un elenco telefonico italiano, che tornavano ad approfondire le ambiguità percettive dei riflessi di finestre e specchi. I Nudi, invece, riprendevano il tema delle donne in una modalità comico romantica, che Lichtenstein aveva già introdotto negli anni Sessanta e che, nel corso degli anni Settanta, si erano trasformate in lussureggianti scene di spiaggia di ispirazione surrealista. I Paesaggi Cinesi, infine, furono l’incontro finale di Lichtenstein con una tradizione artistica monumentale.
Nell’agosto del 1997, l’artista si ammalò inaspettatamente di polmonite, morì il mese successivo.