Originario del Friuli, Luciano Fabro si trasferì a Milano nel 1959, città nella quale rimase a vivere per tutto il resto della vita e nella quale strinse rapporti con gli artisti più interessanti che qui lavoravano, come: Lucio Fontana, Piero Manzoni, Dadamaino ed Enrico Castellani.
Nel 1965, presso la Galleria Vismara fu allestita la sua prima mostra, realizzata con opere composte da vetri, specchi e metallo. Un paio di anni più tardi partecipò alla mostra Arte Povera – Im Spazio, curata da Germano Celant alla galleria La Bertesca di Genova. L’Arte Povera sarà la corrente artistica alla quale Fabro aderirà, contribuendo a fondarla e partecipando a tutte le mostre collettive del gruppo negli anni successivi.
Fin dagli esordi, e dunque anche in queste date, la riflessione artistica di Fabro si concentrò sull’analisi delle specificità linguistiche della scultura, esplorata sia attraverso materiali più tradizionali, come il marmo e il ferro, che più innovativi, come il vetro e la seta. Ma soprattutto, l’artista si concentrò sulle potenzialità del medium scultoreo liberato da vincoli relativi alla rappresentazione o al contenuto. Croce (1965-1986), per esempio, fu un’opera elaborata proprio in questi anni e costituita in modo che la lunghezza dei segmenti metallici fosse proporzionale alle dimensioni dell’ambiente circostante, in modo tale che l’opera potesse essere installata occupando il massimo spazio disponibile. A partire dal 1968, l’artista lavorò invece alla serie dei Piedi (1968-1972) e a quella dell’Italia. In quest’ultima, in particolare, elaborò sagome o silhouettes della penisola con vari materiali e le espose in modo inusuale, per esempio a testa in giù. La figura dell’Italia, un’immagine ben riconoscibile ma di cui viene annulla la funzione simbolica, risponde bene alle esigenze dell’artista intenzionato a rendere visibile “l’ingombro dell’oggetto nella vanità dell’ideologia”.
Oltre alla realizzazione di opere, l’attività di Luciano Fabro si declinò anche in altre attività, come per esempio quando nel 1978 ridiede vita alla Casa degli Artisti di Milano insieme a Hidetoshi Nagasawa e Iole De Sanna. Lavorò poi a Speculum Italiae (1971), un’opera in cui la sagoma dell’Italia, coricata su un fianco e addossata alla parete, è resa come una superficie di cristallo specchiato. Sempre durante gli anni Settanta, l’artista si cimentò anche nella realizzazione degli Attaccapanni (di Napoli) (1976-1977). Si tratta, in questo caso, di opere nate da un immaginario tramonto napoletano e dai colori a esso riconducibili, eleggendo dunque la luce quale vero soggetto dell’opera. Questa è composta da cinque elementi a parete, ciascuno formato da un panno dipinto appeso a una struttura in bronzo, realizzata con la tecnica della cera persa e che rimanda a forme più o meno astratte. Le linee sinuose di ciascun supporto bronzeo determinano il panneggio secondo il quale si dispone il tessuto, che si presenta quale sorprendente elemento plastico rispetto all’ideale leggerezza dei sostegni. I titoli di ciascun Attaccapanni (ncoppa ’a filologia nu schiuoppo ’e rose ’ncarnate; Tengo int’ ’e palme mieie ’e gravune ardiente d’ ’o tramonte fino a che ’o vrasiere nun è priparato; ca maneca toia, cumpare, aggio culurate ’e verde sta sera; laureato ’e ceraso jett’a penna int’a ll’orizzonte; ncopp’a corda d’o bucato mo s’è stesa pure ’a notte) sono strofe composte dall’artista in dialetto napoletano.
Gli anni Ottanta furono dedicati, invece agli Habitat: opere riguardanti lo spazio e incentrate sull’elaborazione del concetto stesso di spazio. Nel 1983, Fabro iniziò anche ad insegnare all’Accademia di Brera. Infine, alla fine del decennio l’artista elaborò una nuova opera: Paolo Uccello 1450-1989 (1989), in cui il nome del pittore rinascimentale richiama le sperimentazioni prospettiche in cui regola assoluta e trasgressione visionaria si inseguono, contraddicendosi. La data 1450 si riferisce alla realizzazione da parte di Paolo Uccello degli affreschi nel Chiostro Verde di Santa Maria Novella a Firenze, dove il tema biblico del Diluvio Universale è svolto attraverso costruzioni prospettiche anomale e quasi irrazionali, mentre il 1989 si riferisce alla presentazione dell’opera al Castello di Rivoli, in occasione della mostra personale dell’artista.
Luciano Fabro si spense nel 2007, mentre stava preparando l’allestimento di una mostra al Museo MADRE di Napoli, comunque inaugurata verso la fine dell’anno e intitolata Didactica magna minima moralia. Nel 2008 al Palazzo delle Esposizioni di Roma, in occasione della XV Quadriennale, fu esposta per la prima volta in Italia l’opera Autunno.
Le opere di Luciano Fabro sono collezionate da importanti musei nazionali e internazionali come: il Centre George Pompidou di Parigi, il Museo Reina Sofia di Madrid, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli (MADRE), la TATE Gallery di Londra, il MoMA di New York e il Museum of Modern Art di San Francisco (SFMOMA).