Nato a Dublino, da genitori inglesi, l’infanzia di Francis Bacon fu un susseguirsi di spostamenti tra l’Irlanda, Londra, Berlino e Parigi, dove approdò nella primavera del 1927 e dove rimase letteralmente folgorato da una mostra di Picasso alla Paul Rosenberg Gallery. Di ritorno a Londra, il giovane Bacon decise di andare a vivere a South Kensington insieme alla sua vecchia bambinaia, Jessie Lightfoot e Eric Allden, suo compagno, nonché suo primo mecenate. Sarà però Soho il vero quartiere d’ispirazione per le opere dell’artista, nonché il più amato e frequentato: da Wheeler’s, il ristorante di pesce in Old Compton Street dove Bacon era un habituè, alla Colony Room in Dean Street, fino al Gargoyle Club, alla French House o al Charlie Chester’s Casino.
Prima di concentrarsi completamente sulla pittura, evento che si verificherà nella vita di Bacon intorno al 1933, le prime sperimentazioni dell’artista presero forma nel reame del design d’interni, grazie anche all’ispirazione di Eileen Gray, Charlotte Perriand e Le Corbusier. Reminiscenze che torneranno anche nella pittura, soprattutto considerando la predilezione di Bacon per gli specchi, i mobili in tubolare d’acciaio, le tende e le nappe. Nel 1930, seguendo questo filone, Bacon inaugurò la sua prima mostra di mobili, tappeti e dipinti al 17 Queensberry Mews West di Londra. Nel 1932 fece la conoscenza di Eric Hall, che diventerà suo compagno e mecenate fino alla fine degli anni Quaranta.
Nel 1933, Bacon dipinse la sua prima Crocifissione, intitolata Crucifixion: infinitamente debitrice al gruppo di crocifissioni di Boisgeloup di Picasso e pubblicata quello stesso anno nel libro di Herbert Read, Art Now. Crucifixion fu venduta da Douglas Cooper, attraverso la Mayor Gallery, al famoso collezionista Michael Sadler. Ironia della sorte, questo aumentò le aspettative sull’operato del giovane pittore, che tuttavia produsse pochissimo tra il 1936 e il 1944. Proprio nel 1944 Bacon riprese in mano la pittura con Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion, un trittico che l’anno successivo fu esposto alla Lefevre Gallery, creando un vero scompiglio nel mondo artistico londinese.
Nel 1946, dopo aver venduto Painting 1946 a Erica Brausen per £ 200, Bacon decise di utilizzare il ricavato per stabilirsi a Monaco. Nel 1948, Brausen diventò sua mercante d’arte e decise di aiutarlo a raggiungere un’importante pietra miliare nella sua carriera, assicurando l’acquisto dell’opera al Museum of Modern Art di New York, tramite Alfred Barr.
Negli stessi anni, sempre a Monaco, Bacon cominciò le sperimentazioni pittoriche sulle figure papali, suggerite tutte dal Ritratto di Innocenzo X, dipinto da Diego Velàzquez e oggi nella collezione Doria-Pamphilj a Roma. Nel 1949, Erica Brausen organizzo una mostra per Bacon alla Hanover Gallery e lo stesso anno l’artista terminò Head VI.
Più in generale, dalla fine degli anni Quaranta, Bacon affrontò alcuni dei suoi temi principali: dipinse le serie sui Papi, sugli Uomini in blu e sui Primati, ma anche i ritratti ispirati dalla maschera funeraria di William Blake, i paesaggi che richiamano la Costa Azzurra e i primi autoritratti. Grazie alla Hanover Gallery, il lavoro di Bacon venne esposto in Francia, Italia e Stati Uniti e, nel 1955, l’Institute of Contemporary Arts di Londra allestì la prima rassegna a lui dedicata.
Nel marzo 1957, Bacon espose la sua serie Van Gogh alla Hanover Gallery di Londra. Questi dipinti, ispirati a The Painter on the Road to Tarascon (1888), sono caratterizzati da una tavolozza più vibrante e pennellate più audaci di quelle che avevano solitamente caratterizzato la produzione di Bacon, piuttosto cupa.
Nell’ottobre 1958, Bacon lasciò improvvisamente la Hanover Gallery e decise di trasferirsi alla Marlborough Fine Art. I suoi fondatori Frank Lloyd e Harry Fischer, affiancati da David Somerset nel 1947, avevano promesso di investire sulla costruzione di un profilo internazionale dell’artista. Effettivamente, la promessa fu mantenuta e la prima grande mostra organizzata dalla galleria si tenne alla Tate Gallery nel maggio 1962, anni in cui la Marlborough rappresentava tra gli altri, artisti come: Henry Moore, Frank Auerbach, Lucian Freud e Graham Sutherland. Per l’occasione furono presentati novantadue dipinti, alcuni realizzati appositamente per l’occasione come la nuova serie di Three Studies for a Crucifixion (1962).
Nell’ottobre del 1971 fu inaugurata una nuova esposizione al Grand Palais di Parigi e come era successo già un decennio prima, quando Peter Lacy l’allora amante di Bacon era morto pochi giorni prima dell’inaugurazione, così adesso l’artista si trovò a perdere il nuovo compagno: George Dyer. A seguito di questa perdita decise di creare, tra il 1971 e il 1973, il Black Triptychs.
Nel 1974, Bacon si trasferì nuovamente, questa volta in direzione Parigi. Qui si stabilì in un monolocale al 14 di rue de Birague, nello storico quartiere Marais. L’anno successivo incontrò lo storico dell’arte Eddy Batache e il consulente artistico Reinhard Hassert, che diventeranno due dei suoi più cari amici e confidenti fino alla fine della sua vita. La prima mostra cittadina di Bacon risale al 1977, alla Galerie Claude Bernard. Questo spettacolo ormai leggendario riscosse un tale successo che la polizia fu costretta a delimitare rue des Beaux-Arts per incanalare la folla che si dirigeva verso la galleria. Le successive mostre alla Galerie Maeght-Lelong nel 1984 e alla Galerie Lelong nel 1987 consolidarono ulteriormente lo status di leggenda vivente che Bacon si era guadagnato nella capitale francese. Inoltre, il lavoro di Bacon affascinò intellettuali, scrittori e filosofi come Gilles Deleuze, Michel Leiris, Gilbert Lascault e Jean Clair.
Bacon rimase nello studio parigino fino al 1987, anno in cui cominciò a passare molto più tempo a Madrid, al seguito dell’amico José Capelo. Nel 1985, intanto era stata inaugurata una seconda mostra alla Tate Gallery.
Durante il suo ultimo anno, Bacon vide peggiorare la sua salute a causa dell’asma e di un intervento chirurgico per il cancro ai reni che aveva subito nel 1989. Nell’aprile 1992, si recò nuovamente a Madrid per visitare José Capelo. Poco dopo il suo arrivo, si ammalò gravemente e venne portato alla Clínica Ruber con una polmonite aggravata dall’asma. Lì morì di infarto il 28 aprile, all’età di 82 anni. A Londra intanto giaceva incompiuta la sua ultima grande tela: un autoritratto. In un omaggio all’artista, Sir Nicholas Serota, allora direttore della Tate Gallery, dichiarò: “Francis Bacon non è stato solo il più grande pittore britannico della sua generazione, ma è stato anche riconosciuto a livello internazionale come uno degli artisti di spicco del dopoguerra”.