Alexander Calder

Figlio secondogenito di Alexander Stirling Calder, scultore, e di Nanette Lederer, pittrice, Alexander Calder nacque nel 1898 da una discendenza di artisti e fin dalla prima infanzia fu introdotto alla creazione artistica, realizzando giocattoli, gioielli per bambole e silhouettes in metallo.
Laureatosi in ingegneria nel 1919, si iscrisse nel 1923 all’Art Students League di New York, lavorando contemporaneamente come illustratore per la National Police Gazette. Nel 1926 si trasferì a Parigi, città in cui entrò in contatto con le Avanguardie Francesi e nella quale realizzo il Cirque Calder: un teatro itinerante di animali, acrobati ed oggetti di scena realizzati in fil ferro e materiali di recupero, che Calder animava come un deus ex machina in spettacoli performativi aperti al pubblico, replicati anche a New York. Un circo in miniatura, trasportabile in valigia.
Nel 1928 Calder ottiene la sua prima mostra personale alla Weyhe Gallery di New York, presto seguita da altre importanti esposizioni negli Stati Uniti, a Parigi e a Berlino. Nei primi anni Venti conobbe e frequentò a Parigi artisti ed intellettuali quali Joan Miró, Fernand Léger, James Johnson Sweeney e Marcel Duchamp: sarà quest’ultimo a utilizzare il termine francese “mobiles” per indicare le sculture cinetiche che caratterizzeranno la produzione artistica di Calder a partire dal 1931. Nell’ottobre del 1930, infatti, Calder aveva visitato lo studio parigino di Piet Mondrian, restando significativamente colpito dall’astrattismo geometrico dell’artista olandese: tale incontro segnerà per sempre il suo percorso artistico, orientandolo definitivamente all’astrazione scultorea e portandolo ad aderire al gruppo di Abstraction-Création, di cui facevano parte, oltre allo stesso Mondrian, anche e Jean Hélion e Jean Arp, colui che coniò il termine “stabiles” per le opere statiche di Calder, in contrapposizione ai lavori semoventi.
Nel 1933 Calder si stabilì nuovamente negli Stati Uniti con la moglie Louisa e dall’anno successivo avviò la collaborazione con la Pierre Matisse Gallery di New York. Risalgono agli anni Trenta le prime grandi sculture in lamiera destinate ad occupare spazi all’aperto: realizzò così la Mercury Fountain per il padiglione spagnolo dell’Esposizione Universale di Parigi e un mobile di grandi dimensioni installato nella scalinata principale del Museum of Modern Art di New York.
Con l’ingresso degli Stati Uniti nel secondo conflitto mondiale, diminuì la reperibilità del metallo e la ricerca scultorea di Calder si indirizzò alla lavorazione del legno, dando forma alla serie di opere soprannominate “Costellazioni” da James Johnson Sweeney e Duchamp ai quali, nel 1943, verrà affidata la curatela dell’importante retrospettiva sull’artista tenutasi al MoMa.
Nell’autunno del 1946 si tenne presso la Galerie Louise Carrè di Parigi la grande mostra Alexander Calder: Mobiles, Stabiles, Constellations, visitata da Henri Matisse e il cui catalogo presentava un saggio a cura di Jean-Paul Sartre. Nel 1949 prese parta alla 3rd Sculpture International, organizzata dal Philadelphia Museum of Art, in cui espose il più grande mobile realizzato fino a quel momento: International mobile.
La produzione finale della carriera di Calder si concentra principalmente su opere pubbliche su larga scala. Nel 1962 partecipò alla celebre mostra diffusa Sculture nella città, esposizione di respiro internazionale organizzata da Giovanni Caradente, alla quale Calder presentò la scultura Teodelapio. Tra le altre, alcune sculture monumentali vennero installate all’aereoporto JKF di New York, nella sede parigina dell’Unesco, all’Expo del 1967 a Montreal e in occasione dei Giochi Olimpici di Città del Messico nel 1968, per i quali Calder creò l’opera El Sol Rojo, che con i suoi 20,5 m è la più grande realizzata dall’artista.
Nel 1964 venne allestita una grande retrospettiva sull’opera di Calder al Guggenheim Museum di New York; dodici anni dopo, nel 1976, inaugurò un’altra fondamentale retrospettiva sull’artista al Whitney Museum of American Art di New York. Di lì a poche settimane, Calder si spense all’età di settantotto anni.

Bibliografia scelta

  • Sartre J-P., Sweeney J. J., Alexander Calder: Mobiles, Stabiles, Constellations. Paris: Galerie Louis Carré, Paris, 1946.
  • Messer T. M., Alexander Calder: A Retrospective Exhibition. New York: Solomon R. Guggenheim Museum, 1964.
  • Arnason H. H., Mulas U., Calder. New York: Viking Press, 1971.
  • Calder A. (ed. Jean Davidson), Calder: An Autobiography with Pictures. New York: Pantheon Books, 1966.
  • Sweeney J. J., Alexander Calder. New York: Museum of Modern Art, 1951.

Bibliografia scelta

  • Sartre J-P., Sweeney J. J., Alexander Calder: Mobiles, Stabiles, Constellations. Paris: Galerie Louis Carré, Paris, 1946.
  • Messer T. M., Alexander Calder: A Retrospective Exhibition. New York: Solomon R. Guggenheim Museum, 1964.
  • Arnason H. H., Mulas U., Calder. New York: Viking Press, 1971.
  • Calder A. (ed. Jean Davidson), Calder: An Autobiography with Pictures. New York: Pantheon Books, 1966.
  • Sweeney J. J., Alexander Calder. New York: Museum of Modern Art, 1951.