Pittore, scultore, scrittore d’arte, Umberto Boccioni fu iniziato alla pittura nello studio di un cartellonista a Roma, città nella quale si trasferì insieme al padre nel 1901. Qui conobbe Gino Severini, con il quale frequentò lo studio di Giacomo Balla, prima di essere avviato dai due alla conoscenza della pittura francese contemporanea. Nel 1903 iniziò a seguire i corsi alla Scuola Libera del Nudo, dove conobbe Mario Sironi, artista al quale sarà legato da duratura amicizia. Nello stesso anno dipinse la sua prima opera: Campagna Romana o Meriggio.
Dopo aver effettuato soggiorni a Parigi e in Russia, Boccioni si stabilì a Milano nel 1907, dove, influenzato dal Divisionismo, realizzò l’Autoritratto (1908) e le Officine di Porta Romana (1909-1910). Conobbe Filippo Tommaso Marinetti con il quale collaborò alla realizzazione del Manifesto tecnico del movimento futurista (1910), cui seguì il Manifesto dei pittori futuristi (1911), scritto insieme a Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini.
Nel 1911, Boccioni fece ritorno a Parigi. Qui conobbe Pablo Picasso e Georges Braque e da allora le sue ricerche si focalizzarono sulla raffigurazione della composizione della forma nello spazio per effetto del movimento, del dinamismo e dell’espressione plastica degli stati d’animo. Appartengono a queste ricerche opere come: Gli Addii (1911), Quelli che restano (1911), Quelli che vanno (1911), Forze di una strada (1911). Ed è sempre nello stesso anno che l’artista licenziò l’opera Il Lavoro (La Città che sale), oggi al MoMA.
Insieme a Ugo Nebbia, Carlo Carrà e Alessandrina Ravizza diede vita al Primo Padiglione d’Arte Libera: esposizione modernissima, in cui fu organizzata anche la prima collettiva dei pittori futuristi. L’anno successivo, Boccioni iniziò a dedicarsi completamente allo studio in vista della pubblicazione del Manifesto tecnico della scultura futurista e, soprattutto, del primo volume a firma dell’autore: Pittura e scultura futuriste (1914). Appartengono a questo periodo anche esperienze nel campo della plastica, come L’Antigrazioso (1912).
Come nel 1911 Boccioni aveva realizzato il Dinamismo di un giocatore di calcio, così nel 1913 dipinse il Dinamismo di un ciclista: opere in cui il soggetto viene rappresentato in successivi istanti e stadi di spostamento nello spazio. L’interazione tra soggetto, movimento e spazio torna anche nell’attività scultorea dell’artista, la cui opera più celebre in questo senso rimane le Forme uniche della continuità nello spazio (1913), la stessa riportata sui 20 centesimi di Euro.
Nel corso del biennio 1914-1916, l’autore predilesse un ritorno alla figuratività, attraverso opere come il Ritratto di Busoni (1916). Intanto, nel 1915 scoppiò la Grande Guerra e Boccioni, convinto interventista, si arruolò come volontario insieme ad altri artisti nel Corpo Nazionale Volontari ciclisti automobilisti. Inaspettatamente, a causa di una caduta da cavallo, morì nel 1916 all’Ospedale Militare di Verona.