Giulio Paolini

Nato il 5 novembre 1940 a Genova, Giulio Paolini vive a Torino.
Dalla sua prima partecipazione a una mostra collettiva nel 1961 e dalla sua prima personale nel 1964, ha esposto in gallerie e musei di tutto il mondo. Le principali retrospettive si sono tenute allo Stedelijk Museum, Amsterdam (1980), al Nouveau Musée, Villeurbanne (1984), alla Staatsgalerie Stuttgart, Stoccarda (1986), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (1988), alla Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum, Graz (1998) e alla Fondazione Prada, Milano (2003). Tra le antologiche più recenti si ricordano quelle alla Whitechapel Gallery, Londra (2014), alla Fondazione Carriero, Milano (2018) e al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino (2020). L’artista ha inoltre partecipato a svariate rassegne di Arte Povera ed è stato invitato più volte alla Documenta di Kassel (1972, 1977, 1982, 1992) e alla Biennale di Venezia (1970, 1976, 1978, 1980, 1984, 1986, 1993, 1995, 1997, 2013).
Fin dall’inizio Paolini ha accompagnato la sua ricerca artistica con riflessioni raccolte in libri curati in prima persona: da Idem, con un’introduzione di Italo Calvino (Einaudi, Torino 1975), a Quattro passi. Nel museo senza muse (Einaudi, Torino 2006) e L’autore che credeva di esistere (Johan & Levi, Milano 2012). Ha realizzato anche scene e costumi per spettacoli teatrali, tra cui si distinguono i progetti ideati con Carlo Quartucci negli anni Ottanta e le scenografie per due opere di Richard Wagner per la regia di Federico Tiezzi (2005, 2007).
Fin dai primi anni Sessanta, Giulio Paolini ha orientato la propria poetica verso una dimensione concettuale, richiamando l’attenzione sugli elementi costitutivi di un quadro, sullo spazio della rappresentazione, sul rapporto tra l’opera e lo spettatore, così come sulla figura dell’autore. Nel corso del tempo le indagini intorno all’opera d’arte lo hanno condotto a includere l’atto espositivo e lo studio d’artista quali ambiti deputati al divenire di un’opera. Il contesto di riferimento di Paolini è la tradizione classica, ispirata alla Bellezza e alla dimensione metafisica dell’arte, estranea alle trasformazioni del mondo e alla vita vissuta. A cominciare dal primo quadro realizzato nel 1960, Disegno geometrico, i lavori di Paolini non hanno “nulla da dichiarare”: non vogliono comunicare alcunché, per limitarsi a evocare le premesse del loro manifestarsi. Mettono in scena l’attesa di un’immagine, che elude ogni tentativo di fissazione per rimanere sospesa nella dimensione potenziale. L’artista decide di abbandonare il ruolo propositivo: anziché attore in scena, preferisce restare anonimo e assumere le vesti dello spettatore, seduto in platea ad aspettare l’inizio della rappresentazione. Frequenti sono così le controfigure silenziose, che osservano un quadro oppure tengono davanti a sé un elemento d’immagine (figure di spalle, valletti, maestri di cerimonia). In altri casi sono le tracce dell’autore eclissato – oggetti, indumenti, scarpe – a testimoniare il suo esilio dal campo d’azione.
Il luogo per eccellenza deputato all’apparizione di un’opera è l’atelier dell’artista. Da qui la presenza ricorrente di cavalletti, telai, fogli, tele, strumenti di lavoro, un tavolo al centro di una stanza o una veduta vera e propria dello studio di Paolini.
Dal lavoro emblematico intitolato Vedo (la decifrazione del mio campo visivo), 1969, ai motivi dell’occhio e del cono visuale sviluppati verso la fine degli anni Settanta, fino ai complessi artifici messi in atto nei decenni successivi, lo sguardo occupa un ruolo privilegiato nel lavoro di Paolini. Veri e propri dispositivi visuali, i lavori di Paolini si configurano come diaframmi tra dimensioni incompatibili: come specchi o filtri che interrogano l’intervallo tra realtà e finzione, intelligibilità e immaginazione.
Dalle illusioni della rappresentazione alla disillusione della visione, il passo è breve. Il linguaggio di Paolini si caratterizza infatti per l’utilizzo della lacerazione, della frantumazione, dell’esplosione e della dispersione, quali espedienti per suggerire un’incolmabile distanza rispetto a un modello ideale. La geometria cartesiana che definisce molti dei suoi lavori finisce per implodere in sé stessa, in un caleidoscopico labirinto di sdoppiamenti speculari e moltiplicazioni.
Sebbene orientato verso l’azzeramento e la sospensione, il lavoro di Paolini non rinuncia mai all’immagine, anzi, si richiama dichiaratamente a un vasto repertorio iconografico. Particolari di opere d’arte, carte stellari, pianeti, cieli, tramonti, architetture antiche, figure femminili, ritratti e scritture si alternano con motivi simbolici quali il cigno, l’oro e la sfera. Riproduzioni fotografiche o fotostatiche, calchi, copie e citazioni costellano i lavori di riferimenti artistici, letterari, filosofici e mitologici, per suggerire un teatro di evocazioni, un vivaio di immagini in cui risuonano echi e riflessi di ogni tempo e luogo. Borges, Roussel, Pirandello, Robbe-Grillet, Calvino, Euclide, Parmenide, Lucrezio, Plotino, Averroè, Prassitele, Fidia, Lotto, Poussin, Velázquez, Chardin, Watteau, Robert, Canova, Ingres, de Chirico, Eco, Narciso, Psiche, Venere, Mnemosine, Orfeo, Icaro, Sisifo, Selinunte, Ebla, Citera, Hierapolis, Itaca…
Sono diversi i premi che l’artista si è aggiudicato nel corso di una carriera lunga e soddisfacente: dal Premio Telecamera d’oro per la scenografia televisiva del Don Chisciotte di Carlo Quartucci (1971), fino al Premio Imperiale per la Pittura (2022), passando per la Menzione d’onore alla XII Bienal de São Paolo (1973), il Premio Lucio Fontana (1975), il titolo di Chevalier dans l’Ordre des Arts et des Lettres (1995) e il Premio Danza & Danza per le scene e i costumi del balletto Teorema di Davide Bombana (2000).
Infine, le opere di Paolini sono presenti in rinomate collezioni pubbliche e private, sia nazionali che internazionali. Tra le molte, si ricordano qui: lo Stedelijk Museum di Amsterdam, The Art Institute di Chicago, la Tate di Londra, La Collezione Prada e il Museo del Novecento di Milano, il Walker Art Center di Minneapolis, il Madre – Museo d’arte contemporanea Donnaregina di Napoli, il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, il Kröller-Müller Museum di Otterlo, il Centre national d’art et de culture Georges-Pompidou di Parigi e la Pinault Collection (Bourse de Commerce, Parigi e Palazzo Grassi e Punta della Dogana, Venezia), la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e il MAXXI di Roma, il MART di Rovereto. 

Bibliografia scelta

  • Fondazione Giulio e Anna Paolini, Catalogo ragionato online (Quadri, sculture, istallazioni; Opere su carta; Edizioni grafiche). Catalogo
  • Dish M. (a cura di), Giulio Paolini. Catalogo ragionato 1960-1999, 2 voll. Milano: Skira, 2008.
  • Dish M. (a cura di), Giulio Paolini. La voce del pittore. Scritti e interviste 1965-1995. Lugano: ADV Publishing House, 1995.

Bibliografia scelta

  • Fondazione Giulio e Anna Paolini, Catalogo ragionato online (Quadri, sculture, istallazioni; Opere su carta; Edizioni grafiche). Catalogo
  • Dish M. (a cura di), Giulio Paolini. Catalogo ragionato 1960-1999, 2 voll. Milano: Skira, 2008.
  • Dish M. (a cura di), Giulio Paolini. La voce del pittore. Scritti e interviste 1965-1995. Lugano: ADV Publishing House, 1995.

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