Pablo Picasso

Pittore, scultore, litografo, ceramista e molto altro ancora, Pablo Ruiz y Picasso è stata probabilmente una delle personalità più presenti ed influenti della scena artistica di tutto il XX secolo. A quanto si dice, pare che Picasso avesse sviluppato un precoce talento artistico sin dall’infanzia. Cominciò quindi a dipingere sotto la guida del padre, Don José, pittore a sua volta, il quale lo indirizzò allo studio dei grandi maestri del passato. Da Malaga, la famiglia si spostò per qualche anno a Coruña, città in cui il giovane Pablo cominciò a frequentare i corsi della locale Scuola di Belle Arti. Nel 1985 la famiglia si trasferì nuovamente, questa volta però alla volta di Barcellona, una città che alla fine del XIX secolo era animata da un nuovo spirito modernista. L’anno successivo fu in questa città che Picasso aprì il suo primo atelier, realizzando opere come L’enfant de choeur (1896), La prima comunione (1895-96) e Scienza e carità (1897). La formazione di Picasso continuò all’indomani del trasferimento, questa volta in autonomia dalla famiglia, a Madrid. Qui fu ammesso all’Accademia Reale San Fernando e visitò il Museo del Prado dove fu affascinato dalle opere di Velazquez, El Greco, Zurbaran e Goya.
Nel mentre, l’artista aveva maturato l’interesse di visitare Parigi, città che raggiunse all’indomani dell’Esposizione Universale – dove era presente con un’opera nel Padiglione Spagnolo – del 1900. Qui il Louvre e le mostre retrospettive che in quel momento si tenevano sull’opera di Delacroix, Courbet e Ingres furono centrali nella sua formazione, così come la vita notturna dei caffè-concerto. Il ritorno a Barcellona si dimostrò quindi molto più difficile da digerire, e sembrò non giovargli nemmeno un nuovo periodo trascorso a Madrid nel 1901.
L’improvviso suicidio dell’amico Carlos Casagemas, spinse Picasso tra il 1901 al 1904 a vivere quello che è stato definito Periodo Blu, caratterizzato da quadri malinconici e inquieti, in cui evidentemente l’artista riversa la tristezza e il turbamento di quegli anni. Ne sono esempi opere come: Le due sorelle (1902), Il vecchio chitarrista cieco (1903) e Madre con bambino malato (1903).
Non passa molto, che il ritorno a Parigi diventa realtà. Qui, notato dal mercate Ambroise Vollard, riesce ad esporre nella sua galleria ben sessantaquattro dipinti che tuttavia vengono accolti con indifferenza dal pubblico.
Nel 1904, invece, le cose cambiarono: Picasso torna a Parigi, condividendo un nuovo atelier a Montmartre, quartiere che frequentava assiduamente anche la sera insieme a diversi amici e colleghi. Il generale clima di spensieratezza, quindi, condizionò la realizzazione delle tele appartenenti al cosiddetto Periodo Rosa (1904-1906): cambia la palette e cambiano anche i soggetti che questa volta si muovono tra realtà e fantasia, tra acrobati, saltimbanchi e ballerine, pagliacci ed equilibristi.
Pare che nel corso dell’estate del 1906, Picasso visitò Gòsol, un piccolo villaggio incastrato sui Pirenei, dove conobbe la scultura iberica preromana: una modalità artistica che non teneva in conto alcuni elementi divenuti poi centrali in tutta l’arte occidentale, come per esempio il rispetto delle proporzioni o l’utilizzo della prospettiva.
Si andava così delineando il primo passo verso Les demoidelles d’Avignon (1907) – opera oggi considerata monumentale ma che, invece, è bene ricordare allora fu accolta quasi con unanime scetticismo – e la grande stagione del Cubismo. Di lì a poco, prese forma anche il sodalizio con Georges Braque, oltre alla realizzazione di opere pienamente cubiste come: La femme assise (1909), Ragazza con mandolino (1910), il Ritratto di Georges Braque (1909) e quello di Ambroise Vollard (1909-10). La collaborazione con Braque approdò alla sperimentazione del “cubismo sintetico”, caratterizzato da un ammorbidimento delle forme geometriche dei primi dipinti, a favore dell’impiego sistematico del collage e del papier collé.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Picasso rimase in Francia, scampando all’arruolamento perché cittadino spagnolo. Durante questo periodo conobbe Jean Cocteau che lo invitò a partecipare alla realizzazione di sipari, scene e costumi per il balletto Parade a cui stava lavorando per la Compagnia dei Balletti russi di Sergej Pavlovič Djagilev. Nel 1917 i due furono a Roma, sempre a seguito dello spettacolo. Qui Picasso non solo conobbe i Futuristi, ma vide anche l’immenso bagaglio dell’arte rinascimentale e classica, oltre che le pitture pompeiane in situ. Tutto questo lo condusse verso un nuovo periodo creativo, caratterizzato da equilibrio compositivo e forme monumentali, che abbracciò in linea di massima la prima metà degli anni Venti e che la critica ha definito Neoclassico.
Negli anni Trenta, nonostante l’arte di Picasso fosse percepita come degenerata dal Regime Nazista, diverse furono le esposizioni che lo videro impegnato: a New York, Parigi, in Inghilterra e in Spagna. Nel paese d’origine, inoltre, l’artista fece ritorno tra il 1934 e il 1936, salvo trovare un clima tesissimo che di lì a poco sarebbe esploso in una sanguinosa guerra civile, terminata con l’istaurazione del Regime Franchista. Nel 1937 Picasso condannò la sollevazione militare di Francisco Franco, pubblicando il pamphlet Sueños y mentiras de Franco. Sempre nel 1937, in occasione dell’Esposizione Universale parigina, fu incaricato della realizzazione di una grande opera per il Padiglione Spagnolo che rappresentasse la Seconda Repubblica Spagnola. Traendo quindi ispirazione dal drammatico bombardamento della città di Guernica, Picasso realizzò probabilmente una delle opere più iconiche e certamente rappresentative del Novecento.
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, che pure Picasso trascorse in Francia, occasionalmente spostandosi da Parigi, corrispose sostanzialmente un periodo di silenzio delle sue opere: impossibilitate a essere esposte al pubblico. Nel 1945, però, alla fine del conflitto, l’artista si trasferì ad Antibes realizzando opere, come Pastorale, riscaldate da un rinnovato senso di gioia di vivere. Poco tempo dopo si spostò a Vallauris dove cominciò a lavorare la ceramica nel laboratorio di Suzanne Ramié.
Nel 1944 si iscrisse al Partito Comunista francese e negli ultimi anni si dedicò sempre più spesso alla rivisitazione del patrimonio artistico e iconografico dell’Occidente. Lavorò, per esempio a Las Meninas, traendo ispirazione dall’omonimo dipinto di Velàzquez, e a Le donne di Algeri in confronto con Delacroix. Reinterpretò poi opere di Cranach, Poussin, Rembrandt, David, Courbet e Manet.
La vita di Picasso è avvolta probabilmente da un alone di mistero che lo stesso artista aveva contribuito, in maniera forse un po’ narcisistica, ad alimentare. Si dice che avesse giurato di non far ritorno in Spagna fin tanto che Franco fosse stato al potere e mantenne la parola. Il Regime cadde nel 1975 e Picasso morì due anni prima a Mougins, in Francia. Una decina di anni prima era stato istituito a Barcellona il Museo Picasso, in parte composto da opere donate dall’artista stesso. Infine, quarant’anni più tardi venne inaugurato un nuovo Museo Picasso, a Malaga, città che aveva dato i natali a Pablo. 

Bibliografia scelta

  • Berggruen O., Von Liechtenstein A. (a cura di), Picasso tra cubismo e classicismo 1915-1925. Milano: Skira, 2017.
  • Le Fur Y., Parini F. (a cura di), Picasso primitivo. Milano: Mondadori Electa, 2017.
  • Bouvard É. (a cura di), Pablo Picasso. Figure (1906-1971). Milano: Skira, 2016.
  • Gilot F., Lake C. (a cura di), La mia vita con Picasso. Roma: Donzelli Editore, 2016.
  • Zervos C. (a cura di), Pablo Picasso Catalogue Raisonné, 33 vol. Paris: Éditions Cahiers d’Art, 1932-1978.

Bibliografia scelta

  • Berggruen O., Von Liechtenstein A. (a cura di), Picasso tra cubismo e classicismo 1915-1925. Milano: Skira, 2017.
  • Le Fur Y., Parini F. (a cura di), Picasso primitivo. Milano: Mondadori Electa, 2017.
  • Bouvard É. (a cura di), Pablo Picasso. Figure (1906-1971). Milano: Skira, 2016.
  • Gilot F., Lake C. (a cura di), La mia vita con Picasso. Roma: Donzelli Editore, 2016.
  • Zervos C. (a cura di), Pablo Picasso Catalogue Raisonné, 33 vol. Paris: Éditions Cahiers d’Art, 1932-1978.