Gino De Dominicis

Il lavoro di Gino De Dominicis non è inquadrabile in una precisa corrente, né è possibile decretare con certezza la sua adesione ad alcuno dei gruppi delle Neoavanguardie. Controverso, misterioso e irreperibile, è difficile tracciare un profilo biografico e artistico documentale di De Dominicis: autore che in vita centellinò le apparizioni in pubblico e le mostre, così come scoraggiò la pubblicazione di cataloghi che raccogliessero i suoi lavori.
De Dominicis aveva studiato all’Istituto Statale d’Arte di Ancona, città in cui era nato, e la prima mostra, tutta con lavori a tema figurativo, a cui decise di partecipare fu organizzata nel 1967 nella galleria del padre.
L’anno successivo si trasferì a Roma e decise di aderire al Laboratorio ’70, un gruppo artistico di protesta – o di goliardica provocazione – formato da Gianfranco Notargiacomo, Paolo Matteucci e Marcello Grottesi. L’anno successivo espose a L’Attico di Roma, galleria che tra gli anni Sessanta e Settanta fu teatro più volte delle mostre sull’artista.
Se si volesse provare a tracciare dei parametri in base ai quali suddividere la produzione artistica di De Dominics, si potrebbe dire che tra gli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta, l’artista fu impegnato ad esprimersi attraverso istallazioni e sculture, esponendo soprattutto a Roma, oltre che a L’Attico, anche a Palazzo Taverna, alla Galleria Pio Monti e alla Galleria Sperone.
A partire dagli anni Ottanta e fino alla morte, ad interessarlo fu soprattutto l’attività di pittore figurativo, esponendo ancora molto spesso a Roma, ma anche altrove, come per esempio: al Museo di Capodimonte di Napoli (1986), alla Galleria Mazzoli di Modena (1986), alla Galleria Lia Rumma di Napoli (1988), alla The Murray and Isabella Rayburn Foundation di New York (1989), al Centre National d’Art Contemporain di Grenoble (1990), alla Galleria Stein e alla Galleria Toselli di Milano (1995).
La prima fase, si potrebbe così definire, di De Dominicis comprende riflessioni dell’artista incentrate sul rapporto tra il tempo e l’eternità: teorie diffusamente espresse nella Lettera sull’immortalità del corpo (1970) e rappresentate in opere come la Seconda soluzione d’immortalità (L’universo è immobile), esposta alla Biennale di Venezia nel 1972, o Il tempo, lo sbaglio, lo spazio (1969). Risalgono sempre al 1969 i due filmati Quadrati cerchi (Tentativo di far formare dei quadrati invece che dei cerchi attorno ad un sasso che cade nell’acqua) e Tentativo di volo: opere attraverso le quali De Dominicis invita a perseguire l’immortalità del corpo, nonostante questo sembri un obiettivo irraggiungibile esattamente come sia impossibile creare un quadrato attorno ad un sasso che cade nell’acqua o a spiccare il volo dimenando semplicemente le braccia. Alla fine degli anni Sessanta, e quindi sulla stessa scia di pensiero, si pongono opere invisibili come Il Cubo, Il Cilindro, La Piramide: opere percepibili solo attraverso le sagome delle figure geometriche disegnate a terra.
Il 1969 fu davvero un anno molto prolifico per Gino De Dominicis che, dopo aver visto i Dodici cavalli vivi, esposti da Jannis Kounellis alla galleria L’Attico, propose l’anno successivo, nella stessa Galleria, uno zodiaco vivente, fatta eccezione per due pesci morti.
Fa perno su questa stessa linea di pensiero la Seconda soluzione d’Immortalità (L’Universo è Immobile): opera che si compone di un essere umano in carne e ossa, il signor Paolo Rosa, un giovane affetto da Sindrome di Down che siede in un angolo mentre osserva tre lavori già esposti separatamente in altre occasioni: ovvero il Cubo invisibile, la Palla di gomma (caduta da due metri) nell’attimo immediatamente precedente il rimbalzo e la pietra di Attesa di un casuale movimento molecolare generale in una sola direzione, tale da generare un movimento spontaneo della pietra.
Dalla fine degli anni Settanta, come già annunciato, De Dominicis iniziò a dedicarsi alla pittura in maniera esclusiva, utilizzando soprattutto tempera e matita su carta, piuttosto che olio o smalto su tela. La pittura è per l’autore figurazione della condizione di beatitudine fuori dal tempo che l’umanità raggiungerà in futuro.
Nel corso della sua vita, De Dominicis fu invitato a diverse edizioni della Biennale di Venezia, nel 1982 rifiutò di partecipare alla Documenta di Kassel e nel 1985 vinse il premio internazionale della Biennale di Parigi. All’inizio degli anni Novanta, in occasione di una mostra antologica al Centre National d’Art Contemporain di Grenoble, espose per la prima volta Calamita cosmica (1990): un gigantesco scheletro umano lungo ventiquattro metri, largo nove e alto quasi quattro sdraiato al suolo. Un’opera accurata dal punto di vista anatomico tranne che per il lungo naso, elemento ricorrente in molte opere.
L’artista morì d’infarto nel 1998, quello stesso anno venne istituito formalmente l’Archivio a lui dedicato. L’anno successivo l’Archivio si occupò di organizzare, alla Biennale di Venezia, la prima mostra retrospettiva incentrata sull’artista.
Nel 2004 la Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno acquisì dagli eredi dell’artista la Calamita Cosmica, recuperata dal Museo Capodimonte di Napoli. Nel 2010 il capolavoro fu collocato negli spazi della ex Chiesa SS. Trinità in Annunziata di Foligno (PG), parte del Centro Italiano Arte Contemporanea, dove si trova ancora oggi.

Fondazione o Archivio di riferimento

Bibliografia scelta

  • Gino De Dominicis Catalogo Ragionato delle Opere. Milano: Skira, 2023.
  • Guercio G., L’arte non evolve: l’universo immobile di Gino De Dominicis. Monza: Johan&Levi Editore, 2015.
  • Guercio G., Gino De Dominicis: scritti sull’opera e riflessioni sull’artista. Torino: Allemandi, 2014.
  • Bonito Oliva A., Gino De Dominicis: l’immortale. Milano: Electa, 2010.

Fondazione o Archivio di riferimento

Bibliografia scelta

  • Gino De Dominicis Catalogo Ragionato delle Opere. Milano: Skira, 2023.
  • Guercio G., L’arte non evolve: l’universo immobile di Gino De Dominicis. Monza: Johan&Levi Editore, 2015.
  • Guercio G., Gino De Dominicis: scritti sull’opera e riflessioni sull’artista. Torino: Allemandi, 2014.
  • Bonito Oliva A., Gino De Dominicis: l’immortale. Milano: Electa, 2010.