Donald Judd

Ancora oggi, Donald Judd è considerato uno degli artisti più significativi del Ventesimo Secolo, le cui idee radicali e opere continuano a influenzare non solo il mondo dell’arte, ma anche quello dell’architettura e del design.
Nacque ad Excelsior Spring, nel Missouri e tra il 1946 e il 1947 servì nell’esercito americano durante la guerra di Corea. Ritornato in patria, Judd si iscrisse alla Columbia University dove studiò storia dell’arte e filosofia, cominciando contemporaneamente a seguire corsi di pittura alla Art Students League, salvo poi trasferirsi nel 1948 al College of William and Mary di Williamsburg, Virginia.
Dal 1959 al 1965 lavorò principalmente come critico d’arte e pittore, mentre a partire dall’inizio degli ani Sessanta decise di sperimentare anche opere in terza dimensione confrontandosi con la nozione di originalità artistica, dell’importanza dell’espressione artistica, nonché della conoscenza empirica e del concetto di cittadinanza impegna, scegliendo materiali – come l’acciaio, il cemento e il compensato – e procedimenti industriali per creare sculture minimaliste di grandi dimensioni ma vuote, perlopiù a forma di scatola, organizzate secondo schemi ripetitivi e forme geometriche semplici.
Nel 1957, l’artista tenne la sua prima personale alla Panoramas Gallery di New York, mentre nel 1963 fu organizzata la sua seconda personale alla Green Gallery e, infine nel 1966, fu la volta della prima delle numerose personali alla Leo Castelli Gallery.
Risale sempre a questi anni anche l’attività di insegnamento che Judd portò avanti. Nel biennio 1962-64 insegnò, infatti, al Brooklyn Institute of Arts and Sciences, 1966 fu Visiting artist al Dartmouth College di Hanover nel New Hampshire, ed infine l’anno seguente fu professore di scultura alla Yale University, New Haven.
Judd sviluppò le sue idee riguardo all’installazione permanente di opere d’arte prima a New York, al 101 di Spring Street, dove nel 1968 aveva acquistato un edificio in ghisa di cinque piani. Un decennio più tardi, l’artista decise di spostarsi a Marfa, in Texas, dove avrebbe continuato a installare in modo permanente il suo lavoro e il lavoro di altri fino alla morte, sopraggiunta nel 1994. Questi spazi, inclusi studi, alloggi e ranch riflettevano la diversità dei lavori che l’artista aveva portato avanti nel corso di una vita e fu per questo che, nel 1977, Judd inaugurò l’omonima Fondazione, con lo scopo di preservare la sua arte, gli spazi, le biblioteche e gli archivi.
Per almeno quattro decadi, Judd espose i suoi lavori negli Stati Uniti, in Europa e in Asia. Furono organizzate importanti esposizioni dal Whitney Museum of American Art, New York (1968, 1988); dalla National Gallery of Canada, Ottawa (1975); dallo Stedelijk Van Abbemuseum, Eindhoven (1970), poi esposta a Düsseldorf, Parigi, Barcellona e Torino; dalla Tate Modern, Londra (2004); e dal Museum of Modern Art, New York (2020). Nel 1971 partecipò alla mostra del Guggenheim International Award al Museo Solomon R. Guggenheim Museum di New York insieme ad altri artisti concettuali e minimalisti. Nel 1980 fu alla Biennale di Venezia e nel 1982 a Documenta, Kassel. Nel corso degli anni, infine, Judd pubblicò numerosi testi teorici per promuovere la causa del Minimalismo.
Come già si è accennato, gli inizi di Donald Judd concisero con la realizzazione di opere tradizionali: disegni e dipinti di paesaggi e persone. I primi dipinti sono caratterizzati da blocchi di colore e forme che si rifanno a scene o oggetti visti dall’artista, successivamente subentrarono le forme astratte ed infine le forme sui campi di colore. A partire dall’inizio degli anni Sessanta, dopo aver realizzato dipinti con linee su campi di colore, fu la volta degli oggetti inseriti nei dipinti al fine di ingrandire la loro “oggettività”, allontanandosi così dai meri campi di colore.  Da qui il passo verso i primi rilievi fu breve: infatti, cominciarono ad essere sperimentate opere che sporgono dal muro, oggetti sempre più vicini alla tridimensionalità.
Nel 1962, Judd concepì la sua prima scultura in legno, masonite e asfalto: un oggetto autoportante, nonché il primo ad essere esposto.  Farà seguito subito dopo un secondo oggetto in legno e metallo, anch’esso autoportante. Nel 1963 produsse dieci grandi opere, esponendone otto, tre a parete e cinque a pavimento, nella sua mostra personale alla Green Gallery di New York.
Le qualità di questi nuovi lavori, non scultorei e nemmeno pittorici, sono state evidenziate da Judd in un saggio nel 1965 intitolato Specific Objects. Gli oggetti specifici, spesso opere senza titolo a cui l’artista fa riferimento, furono creati valutando l’importanza dei dipinti di Jackson Pollock, Mark Rothko, Barnett Newman e Clyfford Still, così come il lavoro scultoreo di Lee Bontecou, ​​John Chamberlain, Dan Flavin e Claes Oldenburg. 

Bibliografia scelta

  • Donald Judd Catalogue Raisonné Project, in press.
  • Schellmann J., Josephus Jitta M. (ed.), Donald Judd, Prints and Works in Editions: A Catalogue Raisonné. New York/Munich: Edition Schellmann, Schirmer/Mosel, 1993.
  • Del Balso D., Smith B., Smith R. (ed.), Donald Judd: Catalogue Raisonné of Paintings, Objects, and Wood-Blocks 1960-1974. Ottawa: National Gallery of Canada, 1975.

Bibliografia scelta

  • Donald Judd Catalogue Raisonné Project, in press.
  • Schellmann J., Josephus Jitta M. (ed.), Donald Judd, Prints and Works in Editions: A Catalogue Raisonné. New York/Munich: Edition Schellmann, Schirmer/Mosel, 1993.
  • Del Balso D., Smith B., Smith R. (ed.), Donald Judd: Catalogue Raisonné of Paintings, Objects, and Wood-Blocks 1960-1974. Ottawa: National Gallery of Canada, 1975.